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Carlo Sgorlon

Tutta l'opera di Carlo Sgorlon appare legata al mondo friulano, dove è nato e cresciuto: il romanzo in dialetto "Prime di sera" (1971); il fortunato "Il trono di legno" (1973, premio Campiello), storia di un vecchio narratore di vicende fantastiche, raccontata con un registro ora realistico ora fiabesco; "Regina di Saba" (1975), ritratto di una misteriosa figura di donna; "Gli dei torneranno" (1977), epopea della civiltà contadina del Friuli; "La carrozza di rame" (1979), saga di una famiglia di piccoli proprietari terrieri fino al terremoto del ’76; "La conchiglia di Anataj" (1983, premio Campiello); "L’armata dei fiumi perduti" (1985, premio Strega), ispirata alla vicenda dei cosacchi giunti in Italia durante la seconda guerra mondiale al seguito dei nazisti. Sono ancora da ricordare: "La foiba grande" (1992), "Il costruttore" (1995), "La malga di Sîr" (1997) sull’eccidio di Porzûs (qui, nel febbraio 1945, partigiani comunisti uccisero un gruppo di partigiani della brigata Osoppo, tra i quali Guido Alberto Pasolini, fratello di Pier Paolo), "La tredicesima notte" (2000), "Il velo di Maya" (2006), che intreccia elementi filosofici e musicali con l’eros, la forza che unisce gli uomini tra loro e al cosmo e "Lo stambecco bianco" (2006).

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