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Giacomo Leopardi

Nato a recanati nel 1798, fu il primogenito del conte Monaldo, suo primo educatore insieme a vari precettori ecclesiastici. La chiusura e la bigotteria dell'ambiente parentale, portano il giovane ad appassionarsi in modo solitario ai suoi studi. Impara ad autodidatta diverse lingue e si esercita in traduzioni scolastiche dai classici ma anche in piccoli saggi, mostrando già l’influsso della cultura illuministica. La conversione letteraria avviene solo nel 1816. Diventato amico di Pietro Giordani, progetta una fuga dalla città natia, dove non riesce più a vivere. In questi anni annota pensieri di ogni tipo nello Zibaldone (che raccoglierà fino al 1832); scrive le canzoni patriottiche, i primi idilli (tra cui L'infinito, La sera del dì di festa) e varie canzoni. Purtroppo però la sua salute è cagionevole e una grave malattia agli occhi che lo costringe a un riposo forzato. Nel 1822 finalmente riesce a recarsi a Roma: qui però si ritroverà deluso e annoiato dal clima di corruzione e di cultura reliquiaria che vi domina. Tornato a Recanati scrive le Operette morali, uno dei più grandi esempi di prosa filosofica italiana. Tra il 1825 e il 1828 compie diversi viaggi tra Milano, Bologna e Firenze nel tentativo senza successo di rendersi autonomo con la propria attività di traduttore. Tornato più volte a Recanati, parte per l’ultimo viaggio a Napoli nel 1837, dove morirà 4 anni dopo.

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