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Descrizione
“Mentre il giovane Mao Zedong preparava la rivoluzione, un giorno trovò un modo molto efficace per conquistare una folla in gran parte priva di istruzione: prese in mano una bacchetta di legno e la spezzò in due. Poi ne prese una manciata: non si rompevano. La rivoluzione sarebbe stata possibile solo se fosse stata di tutti. Fu così che il primo giorno di ottobre del 1949 Mao proclamò la sua repubblica. Se la Cina sia un paese unito o diviso, oggi è di nuovo un problema.” La rabbia è ovunque. Ed è più facile reprimere la rabbia di un uomo solo che quella di una folla. La Cina, con le sue dimensioni ciclopiche sia nella geografia sia nel mondo virtuale della finanza, per noi della provincia occidentale rimane difficile da conoscere. Dopo “La Cina in dieci parole”, Yu Hua avvicina questa distanza sterminata con le sue storie e le sue analisi, i suoi aneddoti e le sue indagini, senza mai rinunciare a un’ironia che sa distruggere ogni pregiudizio eurocentrico e traduce la Cina in un universo di simboli e significati finalmente leggibili. Racconta la rigidità delle leggi e l’arroganza del potere, la capacità inimitabile di conservare le tradizioni più antiche nelle abitudini di tutti i giorni, la censura nei media e nell’industria culturale. Ritorna in piazza Tienanmen, dove si consuma una cesura della storia cinese e mondiale. Da allora è cominciata la dittatura politica del miracolo economico, che ha portato alla distribuzione iniqua della ricchezza della Cina contemporanea e alla speranza del governo, un tempo impensabile, che i cinesi dimentichino la lotta di classe. Ecco perché Mao Zedong è arrabbiato.
Dettagli
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389,1 KB
Lingua
ita
Anno
2018
Isbn
9788858833834